Il senso dell’affido

Il senso dell’affido: la storia di Oriana e Enzo

 

Come avete iniziato a fare affido?

Sono Oriana. Io e mio marito Enzo abbiamo deciso di diventare una famiglia affidataria qualche anno fa. Per noi l’affido è accogliere, curare e donare. La nostra prima esperienza di affido è stata fatta in collaborazione con i servizi sociali del nostro Comune, senza l’intermediazione di un’associazione e, pur essendo stata un’esperienza meravigliosa di amore e condivisione, non ci ha permesso di capire fino in fondo la bellezza dell’affido, soprattutto la bellezza e l’amore che nasce nella fase di accompagnamento verso la famiglia adottiva. Il confronto con altre famiglie che hanno vissuto prima di noi questo momento sarebbe stato prezioso per noi. 

C’è differenza tra figli biologici e figli in affido?

Le nostre esperienze sono culminate tutte con l’adozione e piano piano abbiamo proprio cercato di cogliere la bellezza anche nella separazione con i bambini che per qualche tempo erano stati nostri figli. Noi non riusciamo a fare differenza tra i nostri figli biologici e i nostri figli “di cuore”, i figli in affido rimangono nostri figli anche dopo che se ne vanno. 

Ci racconti quali sono i compiti di un genitore affidatario

Quando sei genitore affidatario i tuoi compiti cambiano nel tempo: fino a quando i bimbi sono stati a casa il nostro compito è stato quello di accudirli, educarli, indirizzarli, ma quando spiccano il volo e trovano i loro genitori per sempre, noi non smettiamo di essere genitori, cambia solo il nostro compito, che diventa quello di accompagnare con la preghiera sia loro sia la famiglia che ha adottato non solo i bimbi ma tutta la loro storia. 

Come è cambiata l’esperienza con MetaCometa?

È bello sentirsi accompagnati in tutte le fasi da un operatore. In particolare l’assistente sociale di MetaCometa Maria Chiara , riesce a seguirci e a sostenerci in tutte le fasi importanti: gli incontri allo spazio neutro, le udienze in tribunale, nei rapporti con il Tutore. 

L’altra bellezza sta nel sapere che per tutti i bambini che ci vengono affidati esiste un progetto: l’affidamento familiare comporta sempre un andare incontro all’incerto, ma sapere che un’esperienza di affido ha una missione ben precisa aiuta ad accogliere meglio.

Il terzo punto di forza è sapere che l’associazione sostiene e tutela non solo te, ma anche i tuoi figli biologici, anche loro coinvolti nell’esperienza di affido.

Ieri in macchina pensavo che il modo migliore per descrivere MetaCometa è un fuoco alimentato da tanti tronchi: il tronco da solo se arso fa poca luce, scalda poco e si spegne in fretta. Le famiglie MetaCometa insieme, invece, fanno un falò, che riscalda e illumina oltre le cime dei monti e che si alimenta sempre con nuove famiglie ed esperienze.

Dalle altre famiglie di MetaCometa io mi sento sempre accolta ed ascoltata, anche dalle famiglie che vivono molto distanti da me e che incontro sporadicamente. Qualche giorno fa ho sentito Antonella di Cosenza, che ho conosciuto solo sul web. Sembra che ci conosciamo d a una vita. Ci siamo scambiate esperienze e sensazioni che abbiamo provato. Adesso mi preparo a vivere il passaggio adottivo di M., la bimba di 4 mesi che accolgo da quando è stata dimessa dall’ospedale dopo il parto. Antonella è stata braccia aperte e orecchie tese nell’’ascoltare le mie ansie e le mie preoccupazioni. Questo è quello che mi era mancato nella mia prima esperienza di affido fuori dall’associazione. Enzo ed io facciamo affido anche grazie ai tanti splendidi amici che ci accompagnano e su cui sappiamo di poter contare sempre, senza di loro non potremmo affrontare questa meravigliosa avventura. E nelle famiglie di MetaCometa ho trovato altri amici che hanno fatto, o stanno facendo la stessa nostra esperienza. Con loro riusciamo a capirci, sostenerci nelle difficoltà a gioire assieme per ogni bimbo salvato. 

Qual è l’ultimo passaggio dell’affido?

Donare è l’ultimo passaggio dell’affido, il più doloso ma allo stesso tempo il più bello da vivere se riesci a canalizzarlo bene. Quando chi mi incontra mi dice “ma quando lo devi lasciare andare? Io non ci riuscirei a fare questa cosa perché poi mi affeziono” provo a far capire che io non ho un cuore di pietra. Mi affeziono anche io, tantissimo. La nostra famiglia è stata scelta da Dio e la grazia che ci viene dal Cielo sta proprio nell’accoglienza di bambini in difficoltà, che è un ciclone di emozioni che ti piomba in casa e che indubbiamente fa cresce e ci dà infinita gioia anche nei momenti più difficili. È egoistico trattenere tutta questa Grazia solo per noi. Immaginare un grande dono come una stella luminosissima: se la chiudete in una scatola nessuno potrà godere della sua luce. Aprire la scatola per guardare la stella in solitudine da una piccola fessurina per non farla scappare ti acceca gli occhi perché la luce è troppo forte. Se invece permetti alla stella di raggiungere il posto in cui Dio l’ha pensata potranno godere di questa luce tutti quelli che ne hanno bisogno. Quando accolgo un bambino penso a questo: ho una stellina fragile e poco luminosa. La aiuto a farla risplendere, le do carica e forza e prendo anche io un po’ di luce. Poi la lascio andare nel posto in cui Dio l’ha pensata. Vedere gli occhi dei genitori incontrare quelli dei loro figli per la prima volta suscita un’emozione grandissima, un’immagine meravigliosa che custodisco gelosamente

Lasciare andare i bambini che accogliete è un grande atto d’amore, c’è un gesto che ricordate e che vi ha fatto capire di essere sulla giusta strada?

Un piccolo libro che racconta la storia di uno dei nostri figli in affido scritto dai genitori adottivi. Questo è uno dei regali più belli perché stanno permettendo a me e Enzo di rimanere indelebili nella vita di questo bambino. Loro hanno scritto questa favola per raccontargliela domani, quando lui sarà grande e capirà: saprà chi lo ha accolto, chi eravamo. A volte, invece, le credenze sull’affido, sul senso del possesso dei bambini che accogliamo porta i genitori adottivi ad avere diffidenza nei nostri confronti quando invece non è assolutamente così. Questo senso di gratitudine che abbiamo sentito nei nostri confronti, gratitudine per esserci presi cura di questo bimbo prima che lo accogliessero loro è meraviglioso. Il valore che diamo a questo libro è il frutto di quello che diceva San Francesco “è dando che si riceve”: noi involontariamente abbiamo dato una casa, l’accoglienza e le cure a questo bimbo, ma in realtà ci abbiamo guadagnato noi. In questo piccolo gesto noi ne abbiamo avuto una ricchezza enorme che emerge da questo libro e dal volerci come famiglia per sempre presente nella vita del bimbo.

 

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